– Tali beatificazioni e canonizzazioni dei papi recenti, con una
procedura frettolosa, si affrancano dalla saggezza delle secolari regole
della Chiesa. Non hanno forse per scopo di canonizzare i papi del
Concilio Vaticano II, più che di costatarne l’eroicità delle loro virtù
teologali? Quando si sa che il primo dovere di un papa – successore di
Pietro – è di confermare i fratelli nella fede (Lc 22, 32) c’è di che rimanere perplessi.
– Certo il Papa Paolo VI è il Papa dell’enciclica Humanae vitae (25
luglio 1968), che portò luce e conforto alle famiglie cattoliche quando
i princìpi fondamentali del matrimonio erano fortemente attaccati. Egli
è parimenti l’autore del Credo del popolo di Dio (30 giugno
1968) con cui volle ricordare gli articoli della fede cattolica
contestati dal progressismo generalizzato, particolarmente nello
scandaloso Catechismo olandese (1966).
– Ma Paolo VI è anche il Papa che portò a termine il Concilio
Vaticano II, introducendo nella Chiesa il liberalismo dottrinale che si
esprime in errori come quelli della libertà religiosa, della
collegialità e dell’ecumenismo. Ne seguì un turbamento che egli stesso
riconobbe nel discorso del 7 dicembre 1968: «La Chiesa si trova in
un’ora inquieta di autocritica, si direbbe meglio di autodemolizione.
[…] La Chiesa quasi quasi viene a colpire se stessa». L’anno dopo,
riconosceva: «In numerosi campi, il Concilio non ci ha dato finora la
tranquillità, ma ha piuttosto suscitato dei turbamenti e dei problemi
non utili al rinforzarsi del Regno di Dio nella Chiesa e nelle anime».
Fino al grido d’allarme del 29 giugno 1972: «Da qualche fessura è
entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio. C’è il dubbio,
l’incertezza, la problematica, l’inquietudine, l’insoddisfazione, il
confronto». Ma si limitò alla constatazione, senza prendere misure
adatte a fermare questa autodistruzione.
– Paolo VI è il Papa che, con un intento ecumenico,
impose la riforma del rito della Messa e di tutti i riti dei sacramenti.
I Cardinali Ottaviani e Bacci denunciarono questa nuova messa dicendo
che essa rappresentava «…sia nel suo insieme come nei particolari, un
impressionante allontanamento dalla teologia cattolica della Santa
Messa, quale fu formulata nella Sessione XXII del Concilio Tridentino»[1].
Al loro seguito, Mons. Lefebvre definì la nuova messa «impregnata di
spirito protestante», dicendo che racchiudeva «un veleno pregiudizievole
alla fede»[2].
– Sotto il suo pontificato furono numerosi i sacerdoti e i religiosi
perseguitati e anche condannati per la loro fedeltà alla Messa
tridentina. La Fraternità San Pio X ricorda con dolore la condanna
inflitta nel 1976 a Mons. Marcel Lefebvre, dichiarato sospeso a divinis per il suo attaccamento a questa Messa e per il suo categorico rifiuto delle riforme. Solo nel 2007 fu riconosciuto, con il Motu proprio di Benedetto XVI, che la Messa tridentina non era mai stata abrogata.
https://www.radiospada.org/2018/10/comunicato-della-fsspx-circa-la-canonizzazione-del-papa-paolo-vi/
Vale anche la pena leggere e meditare una riflessione di Opportune Importune:
https://opportuneimportune.blogspot.com/2018/10/macellai-il-filo-rosso-che-lega-sodomia.html
L'Omelia di S.E. Mons. A. Schneider all' XIFestival di F&C l'ottobre scorso
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