Il 14 marzo del 2000 Jàn Slota, sindaco di Ziliana, ha definito Tiso “un grande personaggio” ed ha voluto erigere una lapide commemorativa in onore dello scomparso ex Presidente della Slovacchia con l’approvazione della stragrande maggioranza (40 voti su 41) del consiglio comunale. Lo Stato di Israele ha protestato, ma il sindaco gli ha risposto che avrebbe fatto meglio ad occuparsi dei suoi problemi con i Palestinesi. Tuttavia le proteste dell’ambasciata Usa in Slovacchia, della comunità ebraica slovacca e l’intervento del governo slovacco hanno fatto rinviare il progetto. Il dibattito su Tiso continua «tuttora tra i suoi fautori – di cui fanno parte la stragrande maggioranza degli Slovacchi rifugiatisi in Usa e delle loro organizzazioni cattoliche, che lo considerano un martire e anelano alla sua beatificazione – ed i suoi detrattori che in lui vedono il traditore filo-nazista». La prestigiosa “Enciclopedia Cattolica” lo definisce «sacerdote esemplare» (Città del Vaticano, 1954, vol. XII, col. 142).
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Quando il governo ceco il 9 marzo 1939 aggredì la Slovacchia dopo la sua separazione dalla Cechia, Hitler intervenne. Convocò Tiso e lo mise di fronte all’alternativa di scegliere tra l’indipendenza slovacca garantita dalla Germania oppure l’occupazione. Tiso optò per l’indipendenza, pur se limitata dalla tutela germanica. Tuttavia, la Costituzione della neonata Slovacchia si fondava non sulla dottrina nazionalsocialista, ma sull’amor patrio e la dottrina sociale cattolica, specialmente espressa nelle encicliche Rerum novarum di Leone XIII (1890) e Quadragesimo anno di Pio XI (1931).
Alcuni storici lo hanno dipinto come un antisemita biologico, opportunista asservito al nazionalsocialismo; altri come il padre gesuita Pierre Blet lo descrivono come «uomo di provata fedeltà alla Chiesa, ma anche profondamente votato alla causa della indipendenza slovacca, che avrebbe desiderato uscire dalla sua delicata posizione, ma che rimaneva al suo posto solo nella speranza di salvare il salvabile». Anche i nostri due Autori succitati scrivono: «Sicuramente gli eventi storici avevano costretto la Slovacchia di Tiso in un angolo dal quale non era facile uscire». Certamente Tiso dovette andare controcorrente: «con il suo corso nazionalista, il Paese aveva disincentivato gli investimenti da parte dei Cechi e degli Ebrei, che controllavano gran parte dei capitali investiti nelle industrie e nell’economia slovacca».
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Tiso scrisse: «offriremo agli Ebrei il 4% delle opportunità secondo la percentuale del 4% che essi rappresentano nell’ambito della nostra Nazione» (Slovàk 13 marzo 1940). In breve, una Nazione di 3 milioni di abitanti Slovacchi aveva un reddito del 60%, mentre il rimenerete 40% era posseduto dalla popolazione ebraica pari al 4%, ossia a 120.000 persone. La disproporzione era evidente ed andava corretta.
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