La Messa in basilica era già cominciata da un bel po'.
Fuori, sotto il portico, un tizio in giacchetta e cravattino raccattava le seggiole (il parroco era stato troppo ottimista sull'affluenza alla celebrazione).
Dentro, la fila di confessionali. Vuoti, come al solito. I preti che si stufano di confessare andrebbero incarcerati con l'accusa di atti contrari ai doveri d'ufficio.
No,
fermi tutti, c'è lì in fondo uno con la lucina accesa. Miracolo: confessioni durante la Messa festiva. Sarà un pretonzolo straniero, da un paese dove non tutto il clero è stato contagiato dalla nausea di confessare.
Attraversando la navata laterale all'improvviso ho un sobbalzo. Un cantore ha cominciato a urlare nel microfono come un ossesso:
Cavallo e Cavaliereee! Cavallo e Cavaliereeee!
Ma porco Kiko - impreco tra me e me - i neurocatecumenali hanno invaso anche la Basilica?
Al confessionale c'era già uno dentro e uno in attesa. Una fila, praticamente. Sfido io. Dieci a concelebrare e uno a confessare: magari era arrivato in ritardo e non si era voluto aggregare alla concelebrazione già iniziata. Sapete, arrivano alla spicciolata, s'infilano una specie di camice da druido e quatti quatti si infilano nel coro, magari già a mano alzata perché è cominciata la consacrazione. Così alla fine potranno dire "oggi ho celebrato".
Mi metto in fila per la confessione. Dietro di me sbuca un tizio in camice druidico da "servizio liturgico" che spinge un passeggino con un pargoletto irrequieto. Segni dei tempi.
All'improvviso l'ossesso termina il canto, passando bruscamente dall'urlato al sottovoce, più o meno così:
- Cavallo e Cavaliereeee!!! Parola di Dio.
- Rendiaaamo graaazie a Dio!
Rido, involontariamente scandalizzando lo Sbirulino McDonald in fila prima di me.
Quando finalmente è il mio turno, il pretino comincia a farmi domande su domande ancor prima di darmi modo di parlare. Tra i sì e i no sparati in fretta e furia mentre i neurocatecumenali urlano, devo aver scambiato un "no" con un "sì": il pretonzolo ha già avviato il discorsetto di circostanza per negarmi l'assoluzione. Sbigottito, avrei voluto dirgli: padre, ma vada a
Fancùlo, mi lascia parlare o no? Niente da fare, non mi dà modo per interromperlo. Così senza aggiungere altro mi alzo e vado via, lasciandolo parlare da solo.
Io sono un
«esistenzialmente periferico», sono uno di quelli che tentano di essere cattolici implorando ai preti che facciano i preti. Quello stronzo del vecchio parroco, quando andai da lui disperato a chiedergli preghiera per me, mi rise in faccia. Quella merda dell'altro parroco, quando gli chiesi di confessarmi, mi rispose seccatissimo:
«qui di domenica non si confessa». Quel coniglio dell'altro parroco si limitò a scappare in giro per la chiesa per tutti i 35 minuti prima della Messa. Quel gigantesco coglione di prete ciellino, invece di amministrarmi la Comunione, si ferma e mi dice:
«corpdicr... mani! mani!» E quel frocio di pretino a cui servivo Messa, nell'esatto momento in cui sta per pormi il Santissimo alla bocca, mi rimbrotta:
«ma il cestino delle offerte non è girato?!?»
Insomma,
le "periferie esistenziali" sono io. Al pari di tutti quelli come me che quando vanno da un prete vengono sommersi dalle banalità:
"eeeh, ma queste sono cose sorpassate, eeeh, ma lascia fare allo Spirito Santo, eeeh, ma si vede che il Signore non vuole, eeeh, ma ti preoccupi troppo di piccole cose, eeeh, ma adesso non fare il filosofo, eeeh".
Un
esistenzialmente periferico ha bisogno di preti che siano preti, di vescovi che siano vescovi, di papi che siano papi. Ha bisogno di preti che prendano sul serio i sacramenti, non di impiegati annoiati e sfuggenti. Ha bisogno della sana dottrina cattolica, non delle scemenze da campo scuola. Ha bisogno di liturgia, non di un gaio spettacolino da effeminati. Cazzo, ha bisogno di preti
che credono!