sabato 9 giugno 2012

spunti per la meditazione: vescovi meridionali

«...Il vescovo medio meridionale è così: un po’ incolore, di cultura limitata al verboso sapere seminariale e poco eclettica anche se un po’ tuttologa; dalle marcate e (diciamocelo) fastidiose inflessioni dialettali, di oratoria amorfa che altro non è che triturare e ritriturare in pompa magna l’ovvio.

Non uomini di potere, ma briciole sciape cadute dalla tavola imbandita del generone comandante; residuati bellici di quando la Chiesa al Sud corrispondeva alla Democrazia Cristiana. E come democristiani di provincia, protetti da qualche notabile democristiano dell’epoca, parlano.

Siamo dinanzi all’aurea mediocritas, alle a-virtù dell’uomo medio, che avanza nella “carriera” ecclesiastica non per via delle doti personali, ma proprio in virtù della loro assenza, della solida teologia della banalità, del non detto più che dell’affermato, del non fatto più che del realizzato, delle mezze frasi per giunta oblique e che come le interpreti interpreti voglion significare la stessa cosa: niente.

Per un’altra cosa si diventa vescovi, oltre che per l’irrilevanza intellettuale: per il saper intrattenere alte amicizie e per il saper mantenere al contempo il profilo basso, tale non per umiltà ma proprio perché non hanno niente da innalzare. E capite bene allora la loro inadeguatezza, certe volte, nell’affrontare la comunicazione di massa odierna, o meglio la sua degenerazione nello sciacallaggio sentimentalista. Il quale se si somma alla disarmante ovvietà episcopale genera un’apocalissi!...»

«...Gente così è assemblata apposta per lavorare nell’ombra, dietro una scrivania: non manco a fare le eminenze grigie che richiederebbe un grado di intelligenza politica e di duttilità troppo esigenti, ma proprio come burocrati, colletti bianchi.

E si capisce: cosa sono diventate le diocesi, quelle europee specialmente, se non delle cattedrali di carta bollata, burocrazie logorroiche, grafomani e va da sé sclerotiche. Un comitato centrale di commissioni, sottocommissioni, consigli sottoconsigli sconsigli. E tutti quanti afflitti dalla documentite acuta con emorragia inarrestabile di ammonimenti vescovili in ciclostilato, dal linguaggio farraginoso, impersonale, che diresti da vecchie brigate rosse, se non fosse il loro amorfo linguaggio da ex studenti seminariali la cui cultura e ricchezza espressiva si ferma ai testi mediocri e un poco agnostici delle facoltà di teologia. Burocratico.

Burocrati sono, da burocrati si comportano, pensano e parlano. Per loro Cristo morendo sulla croce non avrebbe gridato “Padre mio Padre mio, perché mi hai abbandonato?!”: avrebbe mandato una circolare pastorale. Ché poi i preti giacché so’ preti, sono anche conformisti al massimo, insubordinati verso la dottrina, creativi in liturgia quanto volete, ma ligi alle prassi burocratiche. Anche nel linguaggio. Basta che un vescovo inizi a parlare in un certo modo, che sia d’aurea mediocritas sino all’insignificanza, e contagia tutti gli altri: tutti parleranno e si comporteranno allo stesso modo.

Così la burocratite ecclesiastica diventa un’epidemia mortifera, senza più alcun fervore, slancio apostolico: una morta gora sulla carta bollata, episcopalese. Chi era chiamato ad essere testimone della stultitia crucis, annunciatore dello scandalo cristiano, ad essere il successore di quel Paolo “dalla lingua come spada di fuoco”, ha capitolato – mi dice un amico – dinanzi “al rimestamento dell’ovvio che costituisce la neolingua clericale, e che sarebbe una bestemmia, se solo non li salvasse l’ignoranza”...»


http://www.papalepapale.com/develop/perche-ora-si-fischiano-i-vescovi-meglio-per-i-cattolici-marcire-che-marciare/

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