ESR si è attirato ovviamente qualche critica: "nel dire che la politica non deve influire sulla cultura hacker stai facendo un'affermazione politica". ESR controbatte ricordando lo scopo - il telos - della "macchina sociale" che è il mondo della cultura hacker, distinguendo tra la politica intesa a difenderla e la politica che o non è necessaria o è dannosa perché porta inevitabilmente a divisioni "tribali" tra gli smanettoni rendendo più difficile la realizzazione di soluzioni tecniche eleganti e funzionanti. E aggiunge che i fautori della "diversità" non sono altro che totalitaristi in erba che vogliono imporre le loro regole e un "controllo mentale" del prossimo.
L'articolo continua con un esempio spinoso: la cultura hacker dovrebbe difendere il diritto di quel Wilson di distribuire i files del progetto di una pistola "stampabile" con una qualsiasi stampante 3D? La risposta è sì, perché uno degli elementi della cultura hacker è la possibilità di copiare, modificare, riutilizzare, e il Potere non ama distinguere tra effettivo utilizzo e potenziale utilizzo. L'ateo ESR arriva ad un soffio dall'ammettere che la morale precede lo Stato.
Potremmo qui aggiungere tutte le nostre considerazioni morali ma ci limitiamo ad una sola osservazione: la tecnologia moderna è il terrore di coloro che hanno sempre voluto ridurre la morale a moralismo illudendosi che vietare l'utilizzo di certi oggetti (telefonino, internet, stampante 3D...) produca automagicamente la virtù.
L'articolo di ESR è qui: http://esr.ibiblio.org/?p=8120