Ecco come Paolo VI li ricorda in un'omelia del 21 giugno 1970:
Narra la storia che Nicola Tavelić ed i suoi compagni furono martiri volontari, i quali, più che subire l’orrendo supplizio a loro inflitto, ad esso si esposero. [...]http://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2013/05/sui-martiri-cristiani-e-il-post-concilio.html
La memoria diviene attualità, Noi stiamo a guardare. La storia diventa maestra. Pone un confronto fra queste lontane figure di frati idealisti, imprudenti, ma esaltati da un amore positivo [...]
Ed un secondo sentimento succede al primo con una domanda imbarazzante: ma allora dobbiamo inasprire i dissensi con la società che ci circonda, e aggredirla con polemiche e con contestazioni, che rompono i nostri rapporti col nostro tempo e che accrescono le difficoltà della nostra presenza apostolica nel mondo? È questo l’esempio che dobbiamo raccogliere da questi valorosi oggi canonizzati Santi?
No; noi non crediamo. A ben leggere nella loro storia e soprattutto nei loro animi, noi vediamo che non è uno spirito d’inimicizia che li spinse al martirio, ma piuttosto di amore, di ingenuo amore, se volete, e di folle speranza; un calcolo sbagliato, ma sbagliato per desiderio di giovare e di condurre a salvamento spirituale quelli stessi che essi provocarono a infliggere loro la terribile repressione del martirio. Questo è importante. È importante per il mondo della nostra così detta civiltà occidentale; il Concilio ce lo insegna.
Ed è importante anche per quel mondo islamico nel quale si svolse e si consumò la tragedia di S. Nicola Tavelić e dei suoi Compagni: essi non odiavano il mondo musulmano; anzi, a loro modo, lo amavano. E certo lo amano ancora, e quasi personificano nella loro storia l’anelito cristiano verso il mondo islamico stesso, che la storia dei nostri giorni ci fa sempre meglio conoscere, fortificando la speranza di migliori rapporti fra la Chiesa cattolica e l’Islam: non ci ha esortato il Concilio «a dimenticare il passato e a esercitare sinceramente la mutua comprensione, non che a difendere e a promuovere insieme, per tutti gli uomini, la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà»? (Nostra aetate, 3)
p.s.: nella Tradizione cattolica l'imprudenza (e dunque il martirio "cercato" e "provocato") non è indice di santità, ma del suo contrario. Per cui non si capisce l'omelia di Paolo VI, che accusa quei martiri di essere stati imprudenti e provocatori e ostili al Concilio e alla Nostra Aetate...
ha dell'incredibile...eppure...
RispondiEliminanon c'è nessuna possibile relazione tra Cristianesimo/Cattolicesimo e islam.
RispondiEliminaPer loro Gesù è solo un profeta.
Allah è per l'islam in una lontananza irraggiungibile, non esiste per loro alcuna "seconda nascita"spirituale, non esiste la nostra adozione a figli di Dio, non esiste redenzione,
perchè allah non è padre, ma un misterioso creatore irraggiungibile che al più ha sudditi, e non figli, nè redenti.
Allah non è YHWH, checchè ci si affretti a parlare di "3 religioni monoteiste che adorano l'unico Dio" che però non è "lo stesso".
In più l'islam riporta, allora come ora, come evidente, tutto il mondo sotto una legge bestiale e disumana, lontana ma comunque coniata su quella dell'AT.
L'islam annulla il NT.
Apocalisse finisce col monito di non togliere nè aggiungere....a quel punto la Rivelazione è terminata, sigillata poi col Canone. Certo ci sono stati e saranno Santi, Martiri, Testimoni, ognuno anche parlerà, spiegherà.
Ma il canone fu completato.
Non v'è perciò alcuna possibilità di "dialogo" nè di bacio di corani, con chi pretende di buttare le nostre Scritture, il Depositum Fidei, la Tradizione per completarla con un libro crudele verso l'uomo e nemico di Dio.