venerdì 25 maggio 2018

“Nella Chiesa tutti sanno e tutti tacciono, e così sono tutti complici. Bergoglio era al corrente della denuncia. Questo è l’impegno di Bergoglio: solo a parole”



Il giornale spagnolo "Publico" ha pubblicato la testimonianza di una donna argentina, Beatriz Varela, che dopo quasi undici anni ha ottenuto dalla magistratura argentina una sentenza senza precedenti, che ritiene responsabile la Chiesa argentina negli abusi commessi da un sacerdote nei confronti di suo figlio, Gabriel, che all'epoca aveva quindici anni. Beatriz Varela nella sua testimonianza chiama direttamente in causa Jorge Mario Bergoglio, all'epoca arcivescovo della capitale.
La Camera di Appello del municipio di Quilmes, in provincia di Buenos Aires, ha confermato la sentenza di un tribunale che nel dicembre scorso condannò la diocesi al pagamento di 155.600 pesetas (più di 23mila euro) per le spese in trattamento psicoterapeutico e per danni morali provocati al ragazzo e a sua madre.
I fatti si riferiscono al 15 agosto 2002. Beatriz Varela invitò a casa sua il sacerdote Ruben Pardo, di 50 anni, affinché istruisse i suoi due figli maschi sui precetti religiosi. Secondo quando racconta il giornale argentino Pagina 12 il sacerdote chiese poi alla madre il permesso di far passare la notte a Gabriel nella Casa di Formazione in cui risiedeva per continuare nel dialogo e fargli servire messa il giorno seguente.
Gabriel ha poi raccontato ai gIudici che il prete lo invitò a dormire con sé, un gesto che il ragazzo ha interpretato come un'attitudine paterna. Il prete ne ha approfittato per abusare sessualmente di lui. "Sapevo che mi stava violentando, però non riuscivo a pensare che cosa potessi fare per evitarlo, perché avevo molta paura ed ero choccato". Il prete si addormentò, e Gabriel corse a casa e confessò l'accaduto a sua madre.
Beatriz Varela andò immediatamente a parlare con il vescovo di Quilmes, che dopo la costernazione iniziale non diede l'impressione di voler fare nulla; cercò di minimizzare il fatto, parlando di comprensione e di momenti di debolezza. Varela che lavorava in una scuola della diocesi, fu sottoposta a pressioni, ma continuò. "Bergoglio era al corrente della denuncia. Il suo è un impegno solo a parole".
Varela si rivolse al tribunale ecclesiastico, "Il cui presidente non voleva accogliere la denuncia", e dove in seguito fu sottoposta da parte di quattro sacerdoti a a "Un interrogatorio umiliante, con domande lascive e tendenziose", e questo nonostante che il responsabile avesse confessato al vescovo. Beatriz Varela andò poi alla curia metropolitana, residenza dell'arcivescovo, che era Bergoglio, da dove però fu espulsa dal personale della sicurezza. Nella cattedrale, adiacente alla curia, scoprì che il prete abusatore era stato alloggiato in una casa della Vicarìa del bario di Flores, dipendente dall'arcivescovado di Buenos Aires. Varela è molto amara: "Nella Chiesa tutti sanno e tutti tacciono, e così sono tutti complici. Bergoglio era al corrente della denuncia. Nessuno si installa in un vicarìa senza l'autorizzazione dell'arcivescovo. Questo è l'impegno di Bergoglio: solo a parole", attacca Betariz, che accusa in generale la Chiesa argentina di fare poco o nulla per impedire gli abusi, e cita altri casi, attuali, in cui sacerdoti accusati di abusi sono ancora al loro posto a contatto con i giovani. Il sacerdote che abusò di suo figlio morì di AIDS nel 2005.
(Marco Tosatti)

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