“È significativo che il breviario di Quignonez, elaborato su richiesta della Sede Apostolica e da essa debitamente promulgato, fosse nondimeno considerato come passibile di critica. Il ripudio di questo breviario per rescritto da parte di Paolo IV nel 1558, e la successiva prescrizione a opera di san Pio V nel 1568, sono la testimonianza più importante nella storia liturgica della priorità attribuita allo sviluppo organico della liturgia rispetto all’approvazione dell’autorità competente.”
[...] Il centro della questione, come riassume Alcuin, è: “Il vescovo di Roma...ha il ruolo di confermare la tradizione liturgica autentica e gli sviluppi conformi a essa, o è la sua conferma che di per sé conferisce autenticità, senza riguardo alla tradizione liturgica?” Questo è il nocciolo della questione. Oggi come allora assistiamo, seppur a distanza di cinquant’anni, ad una liturgia che sembra (mi astengo, per ora, da un personale giudizio) non corrisponda ad uno sviluppo organico della liturgia, bensì ad un’innovazione esasperata e, soprattutto, arbitraria. I novatori in questo si scoprono molto papalini e, siccome il papa ha debitamente approvato, non se ne può nemmeno discutere.
http://chiesaepostconcilio.blogspot.it/2013/09/come-si-sviluppa-la-liturgia.html
Seconda domanda: quando c'è una diffusa voglia di novità, la "sensazione" che il Concilio sia buono e "ringiovanitore", è garanzia che lo è?
http://chiesaepostconcilio.blogspot.it/2013/09/la-percezione-che-guido-il-concilio.html
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