Quando la “Memoria” fa cilecca...
Nel corso degli ultimi 50 anni, nelle nostre società occidentali, la shoah si è trasformata in un soggetto completamente tabù e sacralizzato, un avvenimento che occupa sempre maggior spazio nella misura in cui si allontana nel tempo. Sottratta di mano agli storici onesti – che rischiavano di “banalizzarla” (crimine supremo) – la shoah, anno dopo anno, ha abbandonato il campo del razionale e della critica scientifica per entrare a pieno titolo in quello del “Mistero” — per non dire della “Religione”.
In tali circostanze, ed in particolar modo a partire dagli anni ’60, non sorprende affatto che un buon numero di approfittatori – metà truffatori, metà pazzi – abbiano sfruttato a loro vantaggio un filone che a buon titolo considerarono “promettente”, arrivando a calarsi in vite che non appartenevano loro, inventando deportazioni immaginarie e raccontando bugie, fantasie ed esagerazioni al mondo intero. Al posto dell’indifferenza e dello scherno, questi personaggi ottennero quello in cui più speravano: la riconoscenza mediatica e sociale, che andava di pari passo con il denaro.
Il libro della Kling, scritto con dissacrante ironia e senza porsi precisi intenti revisionistici, si attesta in maniera diretta e sagacissima nel novero dei libri di denuncia e vi relazionerà sui casi più eclatanti di psico-mitologia olocaustica degli ultimi 50 anni; inganni ora assolutamente accertati. I protagonisti di questa grottesca galleria sono i bugiardi della shoah, gli incantatori dell’Olocausto, ovvero quei mitomani interessati che hanno visto la loro menzogna diffondersi globalmente a scapito di molti che forse avrebbero preferito che un velo di oblio ricoprisse questi avvenimenti.
Il libro è disponibile presso le
edizioni Effedieffe.