Il buon Sinfest col suo stile onirico sta pubblicando metafore basate sulla storia di Alice nel paese delle meraviglie (iniziano da [qui], cliccare sempre su "next" per le successive).
La vignetta di oggi pare quasi un'allegoria del caso Viganò:
Nel negozio di "bambole" Alice vede qualche golem abbigliato da Papa che ti intima di convertirti al Vaticano II "pena la morte" (mettetevi nei panni di un fedele legato alla Tradizione...). Ancor prima di ricevere una risposta (Alice era già sospetta in quanto resiliente ed era stata già condannata "a morte" dalla politica ufficiale rappresentata da una regina LGBT), trasformano la croce in arma (cioè l'autorità trasformata in arbitrarietà e autoritarismo) e tentano di falciarla.
Bene, torniamo al caso Viganò.
I soliti kattolici da salotto non sembrano aver nulla da ridire sulla condanna per "scisma" (danno per scontato che un tribunale, per il solo fatto di rappresentare un insieme di norme, avrebbe automaticamente ragione), alcuni addirittura additando furenti il Peccato Assoluto di "Complottismo".
Quel che cerco di far loro notare, invece, è che gli argomenti di Viganò meriterebbero un po' di sana riflessione e che il tempismo di quella condanna è proprio un feroce invito a "non riflettere" ("colpirne uno per educarne cento"), tanto più che a giorni arriverà l'ennesimo draconiano arbitrario giro di vite contro la liturgia "tridentina" (quando sentiranno le nostre grida di dolore diranno che siamo "viganiani"? "viganisti"?).
Chiedo perciò loro di riflettere su questa breve lista di affermazioni del vescovo Viganò e, mettendosi onestamente nei suoi panni senza fare i finti tonti, quali conclusioni alternative avrebbe dovuto trarre, tenendo presente che scansare un problema non significa aver affrontato il problema:
- A partire dal Concilio la Chiesa si è dunque fatta portatrice dei principi rivoluzionari del 1789, come hanno ammesso alcuni tra i fautori del Vaticano II e come è confermato dall’apprezzamento da parte delle Logge nei confronti di tutti i Papi del Concilio e del post-concilio proprio per i cambiamenti che i Massoni da tempo invocavano.
- Il cambiamento, anzi: l’aggiornamento è stato talmente al centro della narrativa conciliare da costituire il marchio distintivo del Vaticano II e porre questa assise come il terminus post quem che sancisce la fine dell’ancien régime – quello della “vecchia religione”, della “vecchia Messa”, del “preconcilio” – e l’inizio della “chiesa conciliare”, con la sua “nuova messa” e la sostanziale relativizzazione di ogni Dogma.
- Vengo dunque chiamato dinanzi al tribunale che ha preso il posto del Sant’Uffizio per esser processato per scisma, mentre il capo dei Vescovi italiani [Matteo Zuppi, ndr] – indicato tra i papabili e del tutto in linea col Papa – celebra illecitamente una Messa di suffragio per uno dei peggiori e più ostinati esponenti del Modernismo [Ernesto Buonaiuti, ndr], contro cui la Chiesa – quella da cui secondo costoro io sarei separato – aveva pronunciato la più severa sentenza di condanna.
- Ci troviamo nella surreale situazione in cui una Gerarchia si definisce cattolica e per questo pretende obbedienza dal corpo ecclesiale, mentre allo stesso tempo professa dottrine che prima del Concilio la Chiesa aveva condannato; e che condanna come eretiche, dottrine che sino ad allora erano state insegnate da tutti i Papi.
- Gli adepti della “chiesa conciliare” risponderanno che ciò è dovuto all’evoluzione del corpo ecclesiale in un “necessario rinnovamento”; mentre il Magistero Cattolico ci insegna che la Verità è immutabile e che la dottrina dell’evoluzione dei dogmi è eretica. Due chiese, certamente: ciascuna con le sue dottrine e le sue liturgie e i suoi santi; ma per il Cattolico la Chiesa è Una, Santa, Cattolica e Apostolica, per Bergoglio la chiesa è conciliare, ecumenica, sinodale, inclusiva, immigrazionista, ecosostenibile, gay-friendly. La Chiesa avrebbe dunque iniziato ad insegnare l’errore?
- Dato che non è teologicamente sostenibile che la Chiesa e il Papato siano strumenti di perdizione anziché di salvezza, dobbiamo necessariamente concludere che gli insegnamenti eterodossi veicolati dalla cosiddetta “chiesa conciliare” e dai “papi del Concilio” da Paolo VI in poi costituiscono un’anomalia che mette in seria discussione la legittimità della loro autorità magisteriale e di governo.
- Dobbiamo comprendere che l’uso eversivo dell’autorità nella Chiesa finalizzato alla sua distruzione (o trasformazione in una chiesa altra rispetto a quella voluta e fondata da Cristo) costituisce di per sé un elemento sufficiente per rendere nulla l’autorità di questo nuovo soggetto che si è dolosamente sovrapposto alla Chiesa di Cristo usurpandone il potere.
- Se il Papato Romano – il Papato, per intenderci, di Pio IX, Leone XIII, Pio X, Pio XI, Pio XII – è considerato un ostacolo al dialogo ecumenico e il dialogo ecumenico viene perseguito come priorità assoluta della “chiesa sinodale” rappresentata da Bergoglio, in quale altro modo potrebbe concretizzarsi questo dialogo, se non nella rimozione di quegli elementi che rendono il Papato incompatibile con esso, e quindi manomettendolo in modo del tutto illegittimo e invalido?
- Sono convinto che tra i Vescovi e i sacerdoti vi siano molti che hanno vissuto e vivono ancor oggi lo straziante conflitto interiore di trovarsi divisi tra ciò che Cristo Pontefice chiede loro (e lo sanno) e ciò che colui che si presenta come Vescovo di Roma impone con la forza, con il ricatto, con le minacce. [...] La nostra responsabilità dinanzi a Dio, alla Chiesa e alle anime ci impone di denunciare senza equivoci tutti gli errori e le deviazioni che troppo a lungo abbiamo tollerato, perché non saremo giudicati né da Bergoglio né dal mondo, ma da Nostro Signore Gesù Cristo. A Lui renderemo conto di ogni anima perduta per nostra negligenza, di ogni peccato da essa commesso per causa nostra, di ogni scandalo dinanzi al quale abbiamo taciuto per falsa prudenza, per quieto vivere, per complicità .
- Trovo a dir poco sconcertante che a processarmi per scisma siano coloro che fanno propria la dottrina eterodossa secondo la quale sussiste un vincolo di unione “con coloro che, essendo battezzati, sono insigniti del nome cristiano, ma non professano integralmente la fede o non conservano l’unità di comunione sotto il successore di Pietro” (Concilio Vaticano II, Lumen Gentium, paragrafo 15). Mi chiedo con quale improntitudine si possa contestare ad un Vescovo il venir meno di una comunione che si afferma altresì esistere con gli eretici e gli scismatici.
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