1. il personalismo: “Questa iniziativa è mia, l’ho voluta io, è cresciuta grazie a me! Senza di me non potete far nulla perciò o si fa come dico io o vedete che in breve tempo va tutto a catafascio”. Questo ritornello è suonato per anni nel Movimento per la Vita, prigioniero di una presupposta insostituibilità delle persone – in primis, del suo presidente – che lo ha portato ai grandi traguardi che oggi conosciamo in termini di irrilevanza: ci sono comunque ampi margini di peggioramento e le premesse mi pare ci siano tutte. Lo stesso ritornello si è tentato di suonare riguardo alla Marcia per la Vita, col risultato che alla Marcia, rispetto all’anno scorso, c’erano due persone in meno e ventimila in più.
2. il velleitarismo: spaccare il mondo tutto e subito. Un pro life – mi permetto di dire – il mondo non lo spacca, lo cambia e ci vuol tempo e fatica. I nostri stessi avversari hanno impiegato più di mezzo secolo di occupazione manu militari della cultura e dell’informazione per ridurre l’aborto ad una questione accademica, crediamo forse di potere in un istante far cambiare rotta a questa barca impazzita che naviga su un mare di sangue? Quand’anche in piazza fossimo tre milioni, la cultura della morte ha dalla sua forze potentissime, che hanno saputo ignorare il comune sentire ma anche la pietà, le costituzioni (ah, ecco che fine fanno i diritti di carta senza Dio!) e le evidenze scientifiche.
3. il peggiore: il moderatismo.
Ecco che quindi la Legge 40, da forzato compromesso politico diviene “una buona legge”; ecco che il più importante quotidiano cattolico del Paese, “Avvenire”, ignora la Marcia per la Vita; ecco che il neonato quotidiano “La Croce” lesto s’allinea al gioco di rimessa onde evitare “la contrapposizione ideologica” e predica da Facebook che la Legge 194 è norma “imperfetta e mal interpretata”.
Il moderatismo ha apparentemente molti vantaggi: rende presentabili in parecchie sedi, in ispecial modo clericali, anche accademiche; consente di racimolare qualche alleato in più lungo la strada, senza star troppo a guardare se poi davvero la pensi come noi; agguanta qualche risultato che ripaga dello sforzo intrapreso. Ma il prezzo da pagarsi è ben superiore al ritorno, soprattutto perché il moderatismo dal metodo scende in un istante al merito e si passa quasi inconsapevolmente da “saper dire le cose” al “non dire ciò che non conviene” al dire, infine, quel che fa comodo.
(di Massimo Micaletti -- articolo completo su RadioSpada):
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