giovedì 23 novembre 2017

la mosca cocchiera dei progressisti: Alleanza Cattolica

Lo scorso luglio 2016 due militanti di Alleanza Cattolica hanno scritto un dettagliato e condivisibile resoconto sull'autocastrazione dell'associazione, concretizzatasi specialmente negli anni 2000-2013 e specialmente nel pontificato bergoglione.

Dal resoconto, pubblicato su MiL e che comunque consiglio di leggere, cito questi due capitoli:
2- La nostra storia in AC

Conosciamo militanti di AC dai primi anni ’80 e frequentiamo AC da poco oltre la metà degli stessi.

Le prime cose che abbiamo trovato in AC sono state (tutto è ben evidenziato nel vecchio Direttorio):
  1. La prospettiva della regalità sociale di N.S.G.C.
  2. Rivoluzione e Controrivoluzione e… ancora Rivoluzione e Controrivoluzione. Il prof. Plinio Correa de Oliveira spiegato e rispiegato in ogni occasione.
  3. Lo studio del catechismo - prima quelli di S. Pio X e Tridentino - e poi del CCC. Dei libri del pensiero classico contro-rivoluzionario. E dei documenti della Tradizione e del Magistero del S. Padre.
  4. Un’analisi politica di alto livello che ogni mese si trasmetteva attraverso l’Agenda del Capitolo.
  5. La preghiera in latino, prima di tutto il Rosario e poi l’Angelus, la benedizione dei pasti e tutte quelle formule per il Papa, per i confratelli, etc. che tutti noi sappiamo a memoria.
  6. Maria Santissima, soprattutto quella delle apparizioni a Fatima.
  7. La liturgia, prima del 1988 in latino e poi – dall’Indulto - quella Tridentina. Nei ritiri, agli Esercizi e in ogni occasione associativa. In aggiunta al rito, siamo sempre stati abituati a preti “tradizionali” (talare, etc.) e ad una “pratica” simile (S. Comunione in bocca ed in ginocchio, adorazioni eucaristiche, etc.)
  8. Gli esercizi di S. Ignazio, nella forma di padre Vallet, con preghiere e liturgia solo in latino. Quei giorni erano anche l’occasione per imparare tutte le “formule” da noi usate.
  9. La spiritualità di Pio Brunone Lanteri, del Pollien, di San Francesco di Sales, di San Luigi Maria Grignon di Monfort, i libri “L’anima di ogni apostolato”, “Cristianesimo vissuto”, “Filotea”, “Trattato della vera devozione”, “Del gran mezzo della preghiera”, “Il segreto ammirabile del Santo Rosario”e altri, con la diffusione di questi ed altri volumi.
  10. La libertà di giudizio, anche pubblico, nei dovuti modi e con rispetto, nei confronti del governo temporale di Santa Romana Chiesa (vedi inter alia CJC 210.3: “In modo proporzionato alla scienza, alla competenza e al prestigio di cui godono, essi [i fedeli] hanno il diritto, e anzi talvolta anche il dovere, di manifestare ai sacri Pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa; e di renderlo noto agli altri fedeli, salva restando l'integrità della fede e dei costumi e il rispetto verso i Pastori, tenendo inoltre presente l'utilità comune e la dignità della persona.”.
  11. La sottomissione dei principi della dottrina sociale della Chiesa, nella loro declinazione pratica secondo i tempi e i luoghi, alla responsabilità del laico impegnato in politica.
Dopo l’ inizio del 2000 abbiamo riscontrato – progressivamente – una concentrazione – sempre più assidua sul punto 3 (catechismo), una continuazione del punto 6 (Maria Santissima, ma con meno attenzione a Fatima), una drastica diminuzione del 2 (Plinio Correa de Oliveira) e una progressiva disattenzione […] sui punti 5 (latino e preghiere “nostre”), 7 (liturgia tridentina), 8 (esercizi, nel senso di un certo allontanamento dal nostro metodo abituale) e 9 (Lanteri, Pollien, etc.) e 10. Sul punto 1 (la regalità sociale di N.S.G.C.) non ne abbiamo quasi più sentito parlare “tematicamente”.

Tutto ciò fatto poco alla volta e, in maniera, a nostro parere, surrettizia (cioè senza dichiararlo formalmente). Non si facevano più certe cose, altre le si insegnava di meno e altre ancora si diceva di rimandarle “più avanti” in quanto ci potevano essere persone nuove che non conoscevano le nostre abitudini (ma poi, a queste stesse persone, non veniva più insegnato).

A partire quanto meno dal 2009, si è iniziato a parlare di accettare, in nome dell’inclusività, il background culturale di coloro che si avvicinavano ad AC, con l’inevitabile annacquamento dello stile e dell’identità associativa.

Con il riconoscimento canonico dell’associazione, da parte del Vescovo di Piacenza, è iniziata una sorta di autocensura, anche a livello di informazioni interne, sul governo temporale di Santa Romana Chiesa e sull’operato della C.E.I. e di molti vescovi.

Ultimamente è caduta una inspiegabile cortina di silenzio, se non una tacita approvazione, sull’introduzione di quello che, ormai, sembra da considerarsi un quarto principio non negoziabile, l’accoglienza indiscriminata per tutti i migranti.

Riteniamo, inoltre, quanto meno assai discutibili alcune scelte “politiche” e, cosa assai più grave e per noi, ma non solo, assolutamente inaccettabile, il Testo unico dei diritti riconosciuti ai componenti di una unione di fatto.


3- Alcune brevi riflessioni

Usando una terminologia felicemente coniata da Massimo Introvigne, da una collocazione probabilmente “strict” si era passati gradualmente, prima ad una “conservative\central” e, da qualche tempo, – addirittura – “progressive”; ma, soprattutto, si era perso il nostro carisma\marchio\brand: da un’associazione in cui Rivoluzione e Controrivoluzione, lo studio della Tradizione (e del Magistero, che della Tradizione è un “di cui”), la preghiera e la liturgia in latino, Fatima, una sensibilità tradizionalista (o tradizionale che dir si voglia) avevano un loro equilibrio ed un loro mix, si è passati ad una reiterazione del micro magistero (“il Papa fa magistero anche con un post it!”). E tale micro magistero è diventato una specie di monade avulsa dalla Tradizione, come se con un nuovo Papa si ricominciasse tutto da zero (quasi che “papa scaccia Papa”) e non – con un’antica felice espressione di don P., “un tappeto che c’è già ma che si svolge nel corso della storia”; addirittura non tenendo conto delle sagge indicazioni di Lumen Gentium 25 e di tutti i documenti magisteriali seguenti (p.e. Donum veritatis 24, proprio sulla vocazione ecclesiale del teologo) sulle modalità di ossequio al magistero (“si aderisca alle sue affermazioni in conformità al pensiero e in conformità alla volontà di lui manifestatasi che si possono dedurre in particolare dal carattere dei documenti, o dall'insistenza nel proporre una certa dottrina, o dalla maniera di esprimersi”).

A questo punto – francamente – rischiamo di non vedere più l’utilità “vera” di AC: perché allora non entrare in Azione Cattolica o gruppi affini?

AC, fino a qualche anno fa, occupava un pezzo della lunga tastiera della Chiesa che si collocava sul lato destro (senza molti concorrenti e con un “mercato religioso” di un certo interesse ed ampiezza), mentre poi - spostandoci molto sul lato centrale (e ora addirittura a “sinistra”) della tastiera – abbiamo perso tutti i nostri riferimenti. Se nei commenti all’Amoris laetitia ci troviamo improvvisamente …..dentro la Comunità di Bose e non alla Congregazione per la Dottrina della Fede, allora è nostro dovere (non solo diritto) valutare se scappare via (la fuga del prigioniero, non quella del disertore, ricordando una famosa e felice frase di Tolkien).

Abbiamo avuto da ciò alcune conseguenze:
  1. ci siamo allontanati dai nostri ambienti dove pescavamo militanti (destra, persone con sensibilità tradizionale, etc.)
  2. Abbiamo perso per strada “l’ala destra” di molti militanti (sarebbe interessante quantificare il dato). Vedere per esempio l’ultima “autospensione” del 7 luglio scorso del militante di Bergamo G.B., per motivazioni simili alle nostre e la coeva uscita della Croce di Parma (con il capocroce L.G., anche lui militante di vecchia data).
  3. Non abbiamo recuperato – se non in misura residuale – “un’ala sinistra” di persone.
  4. Si è creata, all’interno di AC, un’ala sinistra ed una destra che hanno problemi a convivere (anche se, spesso, sottotraccia).
  5. Addirittura oggi ci poniamo a sinistra del panorama ecclesiale, pubblicizzando una supposta mens del S. Padre, non provata e non provabile (facendo riferimento all’Amoris laetitia, non si cambia tradizione, magistero e catechismi bimillenari con una nota a margine!).
  6. Ma, soprattutto abbiamo sfilacciato completamente il nostro carisma.

Abbiamo l’impressione che il recupero del marchio\carisma e di un corretto posizionamento di AC sia indispensabile per vari motivi:

  1. ci si opporrebbe alla deriva di un magistero “liquido” e ad una crisi dottrinale sotto gli occhi di tutti.
  2. Si ritornerebbe ad utilizzare il prezioso materiale di Plinio Correa de Oliveira, a cui invece è stato dato il de profundis – con una finta celebrazione – con l’articolo di don P.C. di Cristianità 379 (pp. 19-43). Articolo che ha fatto un totale trasbordo ideologico “avvertito” del pensiero di Plinio stesso e di tutta la scuola controrivoluzionaria. E articolo che in maniera vessillare proclama una certa mutazione dell’identità associativa su Rivoluzione e Controrivoluzione e il tempo presente, cioè su un tema così capitale per la nostra militanza, che sorprende sia stato presentato quasi ex abrupto, senza un'adeguata condivisione interna alla vita associativa. Sembra trattarsi di un mutamento di paradigma nel nostro approccio culturale e di dottrina contro-rivoluzionaria, a tal punto che un intero segmento di questa prospettiva – il tema “crisi della Chiesa”, come declinazione in ambito ecclesiale del tema “crisi del mondo moderno” – è totalmente scomparso.
  3. Si recupererebbero persone di ambienti che – senza di noi – non farebbero nulla o andrebbero nella FSSPX o similia.
  4. Rimetteremmo in alto alcuni aspetti vessillari del nostro vecchio carisma che sono utili dal punto di vista “emotivo” e “del cuore”.
  5. Ricominceremmo a dare alcune “parole d’ordine”, poche ma importanti, a chi si era incominciato a chiedere la funzione di AC nel XXI secolo. Se cioè c’era ancora spazio per noi e quale fosse.

1 commento:

  1. https://opportuneimportune.blogspot.it/2015/12/larrampicatore-sugli-specchi-organo.html

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